Antonino Bianchi, compagno di classe di Rodari | 
       
      
        | Di lui il Rodari scrisse: "... il
        Nino matto che ficcava i coltelli nella porta di casa per farsi comprare il mandolino da
        sua madre. Non sei morto nell'affondamento della Calipso, nei primi giorni della seconda
        guerra mondiale, nelle acque del Mediterraneo, nella mia dolorante memoria, nella mia
        schifosa ostinata memoria che non mi lascia libero un solo minuto, chč sempre mi tiene al
        guinzaglio, mi porta dove vuole, mi lascia piangere ed abbaiare, a ululare di sconforto,
        negli angoli pił disperati del globo, e  specialmente all'aereoporto di Karagandą, Unione
        Sovietica, Repubblica del Kasakstan, ventidue gradi sotto zero, e un vento soffiato da
        cinquemila chilometri di Asia, mi dici come avrebbe potuto resistere a questa lama gelida,
        a questo maglio intercontinentale, a questo assalto del cosmo un ragazzo cresciuto tra
        civili colline e amati fratelli, discutendo di Kant e di Hegel, cavando dal suo modesto
        violino un suono, disse il professore, degno di Vivaldi. Nino. Matto.
        Mezzo matto. Il solo vestito di nero nelle balere del varesotto, da Cittiglio ad Angera,
        il solo figlio illegittimo di padre miliardario e di madre pettinatrice, bionda,
        alcolizzata. [.. .1 l'unico suonatore di mandolino e studioso di elettronica capace di
        cacciare dal letto la nonna, la madre e lo zio per farvi dormire gli amici, dopo un pasto
        notturno d'insalata e biscotti al burro". 
        Scrive Marcello Argilli, in "Gianni Rodari. Una biografia", Einaudi, 1990,
        pag. 10: "Con Giuseppe Gerosa, che suona la chitarra, e Nino Bianchi, che suona il
        mandolino, forma un trio (Rodari suona il violino), e va in giro a suonare nei cortili e
        nelle osterie. La madre di Gianni, preoccupata di chi frequenta e forse considerando
        indecorose queste esibizioni, manda invano il fratello Cesare a richiamarlo in casa. Ormai
        sedicenne, Rodari comincia ad affermare un suo bisogno di indipendenza, insofferente del
        rigido controllo materno"
          tratte da Gianni Rodari Gavirate:
          Gli Anni Giovanili, Nicolini Editore, testo di Federica Lucchini.
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